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Oversight Board di Facebook: nasce un potere indipendente a favore della libertà di espressione?

Dal mondo dei fumetti nei tardi anni ’60 arriva una massima: “da un grande potere deriva una grande responsabilità”.

Questa frase, riecheggiando nel mondo reale, oggi è più attuale che mai. Mark Zuckerberg, fondatore, CEO e maggior azionista di Facebook, questo lo sa bene. Per questo, negli ultimi anni, la piattaforma ha deciso di adottare una politica di moderazione dei contenuti dovuta principalmente a:

  1. l’uso massiccio del social da parte dei troll sostenuti dal governo russo durante le elezioni presidenziali degli Stati Uniti nel 2016;
  2. l’incremento della politica di propaganda durante il genocidio in Myanmar;
  3. lo streaming trasmesso durante l’attentato terroristico in Nuova Zelanda.

Il Social Network, con queste ultime politiche di moderazione/cancellazione, ha avviato nel 2018 un progetto mirato ad istituire un comitato di supervisione indipendente, chiamato Oversight Board di Facebook, al quale tutti gli utenti potranno fare ricorso contro la censura delle informazioni.

La società statunitense ha stanziato inizialmente $130 milioni (distribuiti secondo un budget annuale), che per circa 6 anni copriranno le spese per uffici, personale e spese viaggio. Tale commissione sarà attiva dal 2020 prima per le aziende e successivamente per gli utenti privati.

L’Oversight Board di Facebook avrà essenzialmente la funzione di risolvere le controversie in merito alla rimozione dei contenuti. Tale organo, inizialmente formato da 20 membri, potrà crescere fino ad un massimo di 40, che delibereranno su temi come libertà di parola, privacy e contenuti da rimuovere.

QUINDI COME ESERCITA IL PROPRIO POTERE QUESTO COMITATO IN RELAZIONE ALLE PUBBLICAZIONI?

Fondamentalmente Oversight Board avrà il potere di scavalcare le decisioni sui contenuti controversi in Facebook. Pertanto se tale Comitato decidesse di invertire una decisione di moderazione di Facebook, tale decisione, ha dichiarato Zuckerberg <<sarà vincolante, anche se io o chiunque altro su Facebook non saremo d’accordo>>. Hilary Clinton (ex first lady e membro del congresso) commenta definendo i poteri in seno al comitato come di stampo autoritario, mentre il founder di facebook lo identifica più come un difensore del libero arbitrio degli utenti nel web.

Al timone di questo nuovo progetto ci sarà l’esperto britannico per i diritti umani Thomas Hughes, che guiderà il personale amministrativo del suo nuovo consiglio di sorveglianza. L’avvocato, riconosciuto in tutto il mondo per le sue battaglie in merito alla libertà di espressione e di informazione, afferma che il lavoro si allinea a quello svolto negli ultimi decenni in materia di diritti degli utenti e di libertà di espressione nella sfera “on line”.

LA “CORTE SUPREMA” DI FACEBOOK PRENDE VITA A FINE GENNAIO…

Precisamente il 28, quando è stato pubblicato lo statuto della commissione contenenti scopi, principi e metodologia di attuazione delle decisioni. Nella sezione 4 dello statuto si evince che il Consiglio ha potere di:

  1. Richiedere che Facebook fornisca le informazioni richieste ragionevolmente dal board in tempi rapidi e trasparenti.
  2. Interpretare gli Standard della Comunità di Facebook e altre politiche interne rilevanti alla luce dei valori complessi che Facebook difende.
  3. Indicare a Facebook di consentire o rimuovere contenuti.
  4. Indicare a Facebook di difendere o ribaltare una decisione presa sui contenuti.
  5. Emettere tempestive spiegazioni scritte delle decisioni del Consiglio.

Una delle principali problematiche è senza dubbio l’ampio potere decisionale di quest’organo in grado di scavalcare le decisioni di Facebook ma, nel contempo, anche l’attuazione della procedura suscita perplessità, in quanto si prevede che il consiglio possa prendere la decisione in circa 90 giorni, tempo senza dubbio lungo e non rapportato alle importanti capacità di mutamento ed evoluzione di Facebook, degli utenti e dei contenuti che vengono condivisi.

La commissione pertanto potrà giudicare in merito a al caso di una mamma che ha postato la foto dell’allattamento al seno del suo neonato, violando le politiche di nudità di Facebook, oppure in merito un’azienda che ha postato annunci che promuovono prodotti contenenti olio al CBD ormai ampiamente legale, ma riguardanti una violazione delle politiche contro la droga su Facebook.

In entrambi i casi i fruitori dei social, vedendosi rimuovere tali contenuti dal Social Network, possono fare appello all’Oversight Board, rischiando però che il tempo di 90 giorni di mancata pubblicità può causare danni economici dati da spese sostenute e da un mancato guadagno.

In più, potrebbe anche succede che un utente X chieda la rimozione di un contenuto pregiudizievole (e magari anche non veritiero) sponsorizzato su Facebook da Y il quale, rivolgendosi alla commissione indipendente (previa dichiarazione che il suo contenuto sia stato rimosso dal social ingiustamente), veda sancita l’insussistenza di motivazioni per la sua rimozione, e quindi potrebbe veder continuare a lucrare chi promuove tale menzogna.

In questa fattispecie si denoterà quindi la capacità dell’organo di controllo in seno alla Commissione.

Per concludere bisogna affermare che anche se difendere la libertà d’espressione nel web può essere considerato uno scopo nobile, le implicazioni alla base possono avere un effetto controproducente. Le ripercussioni sui nuovi diritti alla privacy nel web non sono ancora stati calcolati e le istituzioni giuridiche ancora non hanno avuto modo di esprimersi su questa linea.

Insomma le problematiche sono tante ma la questione è in divenire, sarà interessante vedere perciò come si evolverà.